«Tanta allerta ma poi piove poco»? Facciamo chiarezza

Tra fake news e incomprensioni su cosa significhino davvero le allerte meteo, le polemiche impazzano: vi spieghiamo come stanno davvero le cose

«Tanta allerta ma poi piove poco»? Facciamo chiarezza
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Quelle passate sono state due settimane molto difficili sotto il piano del maltempo: non solo per le precipitazioni e i conseguenti disagi, ma anche per la comprensione del sistema di allerta. E ci sono dei diffusi equivoci: cerchiamo di correggerli.

Fake news? Occhio alle fonti!

Diversi giorni prima l'allerta meteo per pioggia di domenica scorsa, in un primo tempo gialla e poi salita ad arancione, un noto sito di previsioni meteo - noto anche per non essere nuovo a bufale, sensazionalismo e falsi allarmi - aveva annunciato «allerta rossa» per quel giorno su genovese e Levante, «pericolo nubifragi» titolava allarmante, persino con grafiche che imitavano il codice a colori e di divisione territoriale di Arpal e Protezione Civile. Il passaparola sul web ed il caos è stato servito: centinaia di telefonate, da privati, organizzatori di manifestazioni, associazioni sportive, persino sindaci ed istituzioni locali ci sono "cascate", ad Arpal e Protezione Civile, che possiamo riepilogare su questa falsariga: «Dicono che ci sarà allerta rossa domenica, ma noi da voi non abbiamo ancora ricevuto niente, è vero? Che dobbiamo fare?». Ecco, il passaggio chiave è proprio quello: da Arpal e Protezione Civile non avevano ricevuto nulla. Tanto sarebbe dovuto bastare.

Mettiamo dunque una prima cosa in chiaro: le allerte possono arrivare ed essere diramate solo da quei due organi. Non dai siti meteo, e non è un caso: le allerte non dipendono solo dalla quantità di pioggia che è prevista (su questo punto torneremo fra poco). Soprattutto, c'è una regola fissa in meteorologia: oltre i 3 giorni le previsioni perdono di affidabilità in modo esponenziale. Ci si può "azzeccare" o meno, e sui grandi fenomeni i modelli previsionali danno comunque indicazioni utili, ma nel dettaglio la certezza previsionale si fa molto più bassa, e di sicuro non si possono lanciare allarmi su probabilità non sicure o verificabili. È per questo che l'Arpal non dirama allerte con più di 24 o al massimo 36 ore di anticipo: perché le allerte sono una cosa seria, non ci si può permettere di tirare ad indovinare.

La suddetta regola vi torni anche utile promemoria per provare a distinguere i siti meteo seri da quelli meno seri anche solo per programmare il vostro fine settimana. Alcuni di quelli più cliccati in Italia, pensate, non sono persino nemmeno retti da meteorologi qualificati. Ci sono tanti modi per riconoscere siti poco seri, a cominciare dal linguaggio sensazionalistico, ma anche proprio l'ostinazione a far passare per certe previsioni che vadano oltre i tre giorni - anziché definirle con il termine di "tendenze" - è un campanello d'allarme. Talvolta in questo scenario si inserisce anche il linguaggio giornalistico, volto per sua natura al sensazionalismo: che fare dunque nel dubbio? Rivolgetevi a fonti "istituzionali". L'Arpal pubblica sempre un bollettino meteorologico sulle 48 ore, ad esempio. Portali di previsioni come quello dell'Aeronautica Militare non si piegano alle necessità "acchiappaclic" e offrono garanzie ben diverse, per ovvie ragioni. Il tutto fermo restando una costante fondamentale: la meteorologia non è una scienza esatta; è statistica, è previsione su complicati modelli matematici, non è e non potrà mai essere precisa al 100%, perché è scienza, è reale, e non è stregoneria, di fantasia.

Allerte meteo: cosa significano davvero?

Un altro tema che è emerso nel corso delle due allerte meteo quasi consecutive della passata settimana è il diffuso equivoco in cui cadono molti: l'idea che a un certo codice di allerta debba equivalere una certa quantità di precipitazioni. Non è (necessariamente) così. 

Quando infatti è stata prolungata la prima allerta meteo arancione sul Levante - che ha portato alla chiusura di molte scuole ma a cui sono seguiti temporali anche intensi ma sporadici e non vi sono fortunatamente state criticità importanti - e poi se ne è diffusa una seconda in particolare sui grandi bacini (che per noi significano quello dell'Entella), a cui non sono corrisposte piogge altrettanto intense come quelle viste durante la prima allerta, in cui l'Entella stesso era pure leggermente esondato, si sono sollevate molte critiche e polemiche, soprattutto online. «Ma che allerta e allerta, sta piovigginando in maniera normalissima», commentavano alcuni; ironia per alcune scuole chiuse quando il cielo era sereno in altri casi. Insomma, una percezione, da parte di molti, che le allerte siano spesso esagerate, unita dunque al fastidio per i disagi causati dall'allerta che ci possono essere apparsi ingiustificati. Questo perché in molti non hanno capito come funzionano e cosa effettivamente dicano.

Tanto per cominciare, dunque, facciamo chiarezza su questo: no, l'allerta meteo per pioggia non dipende (solo) da quanta pioggia è prevista. Ne è indicazione evidente il fatto che le allerte siano spesso divise per dimensione dei bacini, e abbiano codici di allarme più gravi nei bacini più grandi. Questo perché l'allerta meteo per pioggia segnala i rischi idrogeologici sul territorio che possono potenzialmente derivare dalle precipitazioni che si prevedono.

Allerta perché: due analogie

Cosa significa? Lo spieghiamo con una semplice analogia: se versiamo una bottiglia d'acqua in un secchio vuoto, il secchio si riempirà per un terzo, e sarà finita lì. Se però versiamo la stessa bottiglia d'acqua in un secchio già pieno, l'acqua tracimerà, e ci troveremo coi piedi a mollo. La bottiglia d'acqua sono le nostre precipitazioni, il secchio il nostro territorio: ad una identica quantità di precipitazioni, nel primo caso non c'è stato nessun problema né motivo di prevederlo, nel secondo ci siamo trovati a mollo, e avremmo potuto e dovuto prevederlo. Questa semplificazione spiega ad esempio perché sia stata data allerta, addirittura arancione sul bacino dell'Entella, anche per la seconda perturbazione della scorsa settimana, pur di intensità inferiore alla precedente: perché il secchio era già pieno. Anzi, quello dell'Entella era tanto pieno da essere già tracimato solo poche ore prima. Il terreno delle nostre colline, dei nostri terrazzamenti, dei nostri sentieri panoramici era già imbevuto d'acqua: ne bastava (e ne è bastata) non più tantissima per provocare nuovi problemi, frane, insomma, rischi per la sicurezza di tutti.

Un'altra analogia potrebbe essere questa: ricordate quando, sino a non molti anni fa, i terremoti si quantificavano anche sulla cosiddetta scala Mercalli? A differenza della Richter, la scala Mercalli non si basava sulla magnitudo del sisma, insomma su quanto forte fosse tremata la terra: si basava invece sulla quantità di danni che la scossa aveva provocato. Dunque una scala assolutamente relativa: lo stesso terremoto del, ipotizziamo, 6° grado della scala Richter non farebbe pressoché alcun danno in paesi come il Giappone (dove sono abituati a ben di peggio e l'edilizia antisismica si è adattata di conseguenza), ma in Italia è sufficiente (e purtroppo lo è stato in più occasioni) a radere al suolo interi paesi uccidendo innumerevoli persone. Quello stesso terremoto della medesima intensità, dunque, sulla scala Mercalli avrebbe valori molto diversi a seconda di dove si verifica. Ragionamento simile è quello della scala di colori dell'allerta meteo, con la sola differenza che l'allerta quantifica i rischi che si potrebbero verificare anziché i danni che già si sono verificati.

La Scala Mercalli misura gli effetti di un terremoto, non la sua intensità assoluta

L'allerta non prevede il futuro: mette in guardia da un rischio

Questo fa l'allerta meteo, prevede, in funzione di precipitazioni e fenomeni meteo in generis, l'entità dei rischi alla sicurezza pubblica che si potrebbero verificare a causa dei fenomeni atmosferici e loro conseguenze. Questi rischi non dipendono dunque solo da quanto pioverà, ma da altri fattori come quanto è già piovuto, le caratteristiche del territorio, la sua capacità di accumulare acqua e sfogarla (la dimensione dei bacini), e via dicendo. E il fatto che l'allerta preveda un rischio è anche un punto fondamentale da sottolineare: non si prevede solo un evento (la quantità di pioggia che cadrà), ma l'entità del rischio che deriva da questo evento.

Se prevedo un evento e questo non si verifica, ho sbagliato la previsione: se prevedo cioè che pioverà e non piove, ho sbagliato. Ma se prevedo un rischio e questo non si concretizza no: se prevedo cioè che la pioggia che arriverà potrebbe essere sufficiente a causare esondazioni e rischio per la popolazione, e poi per fortuna questo non avviene non ho sbagliato, perché il rischio c'era.
L'entità del rischio è difficile, impossibile da quantificare con precisione, e anche per questo l'allerta si limita a pochi, chiari codici di colore che dipendono da una stima ragionevole - e fondata sul principio di precauzionalità - di essi: sempre per fare un esempio semplicistico e figurato, se si stimasse che vi è "solo" il 20% di possibilità che esondino i fiumi ed allaghino le strade, sareste contenti e tranquilli di mandare i vostri figli a scuola? Dopotutto, in questo scenario, 4 volte su 5 i fiumi non esonderanno e il rischio per i vostri figli non si concretizzerà. Che dite, pensate ancora sia esagerato dare allerta in questo scenario? Quelle 4 volte su 5 in cui non sarà successo nulla saranno stati "allarmismi esagerati", o ne sarà più che valsa la pena per scongiurare quella quinta, potenzialmente tragica "volta"?

Per parlare come mangiamo, insomma, questo dice l'allerta: nell'impossibilità di prevedere il futuro, ma nella consapevolezza della presenza di un rischio abbastanza alto da non essere ignorabile, invita a non esporsi ad esso. Perché sulla vita delle persone non si scommette e - perdonate il gioco di parole - non si corrono rischi.

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