Catalogna verso l'indipendenza, la testimonianza di un monegliese trapiantato

Alessio Marastoni, metà monegliese metà emiliano, vive e lavora in Catalogna da 10 anni: ci racconta come si sia giunti sino a questa crisi

Catalogna verso l'indipendenza, la testimonianza di un monegliese trapiantato
Pubblicato:
Aggiornato:

Catalogna, nelle prossime ore potrebbe arrivare la Dichiarazione Unilaterale d'Indipendenza. Alessio Marastoni, di origini per metà monegliesi ma che vive e lavora a Barcellona da 10 anni, ci racconta la sua testimonianza. (Foto in evidenza di Irene Daroqui García).

Catalogna verso l'indipendenza, ripercorrendo la storia del XX secolo

Spirano venti d’altri tempi in Europa. Destre xenofobe si ritagliano sempre più spazio, il linguaggio della politica si fa sempre più violentemente populista e si rafforzano gli indipendentismi reazionari figli della crisi. Quello catalano, in queste ore alla ribalta delle cronache, tuttavia fa eccezione, e la fa in un modo estremamente simbolico: da un lato è controcorrente, europeista, persino progressista; dall’altro quasi ricalca proprio la storia del più oscuro periodo del XX secolo. È caduto infatti proprio venerdì l’anniversario dell’ultima dichiarazione d’indipendenza della Catalogna come Stato Repubblicano, il 6 ottobre 1934, rapidamente repressa, per poi finire schiacciata – senza però poterne annichilire un sentimento che sopravvive da secoli – dal regime franchista dal 1939 al 1975. La nuova Dichiarazione Unilaterale di Indipendenza – annunciata dal presidente catalano Puigdemont dopo i risultati referendari, che pare non intendere cedere al pugno di ferro messo in atto dal governo centrale spagnolo – non è arrivata come qualcuno aveva immaginato già in occasione dell’anniversario, ma potrebbe essere questione ormai di ore: il premier spagnolo Rajoy ha infatti respinto le proposte di mediazione avanzate, ultima in ordine cronologico quella del segretario di Podemos Pablo Iglesias, e la locomotiva della storia sembra ormai lanciata a bomba senza più possibilità di deviazione.

Alessio ci racconta la Catalogna e le ragioni indipendentiste

Alessio Marastoni

Come si è giunti sin qui, e cosa davvero stia accadendo in Catalogna, prova spiegarcelo un nostro compatriota, Alessio Marastoni, di origini per metà monegliesi e per metà emiliane. Marastoni, 34 anni, consulente accademico per la EAE Business School, vive e lavora a Barcellona da ormai 10 anni, ed ha assistito all’evolversi dell’odierna polveriera sin dalle sue origini.

«La genesi di questa situazione esplosiva – ci racconta – è in effetti un po’ anomala: non è nata di per sé nelle tradizionali frange indipendentiste, ma all’interno di una coalizione di governo di centrodestra. Il precedente presidente della Generalitat de Catalunya, Artur Mas, si era “inventato” indipendentista come risposta politica al diffuso sentimento di insoddisfazione dovuto alla crisi economica ed alle politiche neoliberiste che i suoi stessi partiti di riferimento avevano dovuto attuare. In un certo senso – spiega Marastoni – scaricava la responsabilità della sofferenza sociale sul solo governo centrale spagnolo, che del resto, perennemente travolto da scandali per corruzione e colpevole di un eterno immobilismo, oggettivamente non era certo solo un capro espiatorio. Il suo successore, Carles Puigdemont, ex Sindaco di Girona, pur anch’egli di centrodestra, è tuttavia di estrazione indipendentista vera, e così lo è la coalizione eterogenea di cui è alla guida, “Uniti per il Sì” (all’indipendenza), ed ha dimostrato che per lui la Repubblica di Catalogna è ben più che una chimera strumentale alla propaganda politica». Questa parola, “Repubblica”, dice molto dell’indipendentismo catalano, così unico nel suo genere: «Se per un verso può fare rabbia che tutto sia nato sulle ceneri della crisi – continua Marastoni – che la lotta di classe sia stata fagocitata dalla necessità di allearsi sotto la bandiera indipendentista, cosa che nasconde problemi che, comunque vada, nel futuro riemergeranno, per l’altro questa bandiera che unisce anime variegate della Catalogna è ciò che ha dato a questo movimento il volto democratico, progressista, pulito che si è mostrato al mondo nei giorni scorsi».

catalogna 4
Foto 1 di 3

Catalani in piazza martedì per lo sciopero generale (FOTO: Irene Daroqui García)

catalogna 3
Foto 2 di 3

Catalani in piazza martedì per lo sciopero generale (FOTO: Irene Daroqui García)

catalogna 2
Foto 3 di 3

Catalani in piazza martedì per lo sciopero generale (FOTO: Irene Daroqui García)

Già, perché se noi siamo spesso abituati a violenze e devastazioni scriteriate nelle proteste di piazza, nulla del genere è accaduto in Catalogna domenica, nel giorno del referendum osteggiato dal governo di Madrid. «Ci sono stati quasi 900 feriti nella brutale repressione messa in atto dalla Guardia Civil, che ha cercato di impedire le votazioni – ricorda Marastoni - ma questo hanno trovato: gente disarmata, pacifica, che praticava resistenza passiva, che si è presa le botte per un solo scopo, recarsi alle urne e votare. Domenica abbiamo fatto un giro in diversi collegi elettorali, aperti a singhiozzo, abbiamo visto la gente sedersi di fronte agli ingressi per ostacolare le irruzioni della Guardia Civil. Ci sono stati, seppur pochi, anche dei no: la folla ha applaudito i catalani che, bandiera spagnola in spalla, si sono voluti recare alle urne per esprimere il loro voto contrario, mentre la polizia spagnola usava i manganelli per impedirlo». Ecco, è questo ciò che appare più dirompente e che di questi giorni passerà alla storia: per costituzionalmente legittimo che possa esser stato l’intervento di Madrid, a dimostrarsi dalla parte della democrazia sono stati i catalani. E probabilmente, così facendo, Madrid, che ha rigurgitato un mai sopito “franchismo strisciante” è caduta in trappola ed ha esacerbato sino al punto di non ritorno una situazione che ancora avrebbe potuto essere risolta diplomaticamente.

catalogna11
Foto 1 di 4

Violenze della polizia spagnola in uno dei seggi referendari

catalogna10
Foto 2 di 4

Violenze della polizia spagnola in uno dei seggi referendari

catalogna9
Foto 3 di 4

Violenze della polizia spagnola in uno dei seggi referendari

catalogna8
Foto 4 di 4

Violenze della polizia spagnola in uno dei seggi referendari

Alla repressione, la Catalogna risponde con la derisione e la satira

«La Catalogna – continua Marastoni – è una regione cosmopolita, europeista, ed il suo indipendentismo nulla ha a che spartire con molti suoi omologhi nostrani». Ben lo sottolinea la colossale manifestazione per l’accoglienza e contro il terrorismo vista in seguito agli attentati di Barcellona. «È un sentimento con radici storiche profonde e che unisce i più variegati strati della popolazione, dai giovani che vogliono un futuro più libero ed autodeterminato, e che erano nuovamente in piazza martedì scorso durante lo sciopero generale, agli anziani che ricordano il giogo fascista di Franco e che nei giorni scorsi hanno avuto orribili deja vu». Ed ora cosa accadrà? «Difficile a dirsi – conclude il nostro Alessio – la tensione resta alta, la Guardia Civil è rimasta qui sebbene il referendum per il quale si è mossa si sia concluso, il che fa apparire la Catalogna un territorio occupato». Pure, al contempo, c’è anche un clima paradossalmente rilassato, spiega Marastoni: «si scherza e si prendono in giro le istituzioni spagnole, alla repressione si risponde con la derisione». Un approccio forse un po’ figlio di una solida consapevolezza nei propri mezzi, forse un po’ spericolato.

Urne blindate, democrazia incatenata

Marastoni, che è italiano ma si sente altrettanto catalano, non ha potuto votare, altrimenti, pur con qualche indigestione, avrebbe optato per il sì: «Ci sono aspetti negativi da ambo le parti, e avrei desiderato un percorso differente, ma bisogna vivere la realtà e non solo l’ideale. Se possiamo lasciarci indietro l’immobilismo e la corruzione spagnola, per avere una fresh start che ci permetta di ricominciare daccapo, potendo finalmente affrontare i nostri problemi, ben venga». I problemi, in un paese democratico, si affrontano col voto, un voto che non venga tradito. Secondo il programma della Generalitat, in una futura Repubblica di Catalogna, anche Alessio Marastoni avrà quel diritto a cui, ad oggi, nella regione autonoma spagnola, non ha accesso. Anche questa “piccola” cosa, forse, illumina sul perché tanto trasversale consenso si concentri su questo indipendentismo… “moderno”.

Seguici sui nostri canali