Omicidio Olivieri, Ginocchio professa la propria innocenza

«Le fascette? Sono le mie, ma non l'ho ucciso io»

Omicidio Olivieri, Ginocchio professa la propria innocenza
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Paolo Ginocchio, ritenuto esecutore materiale dell'omicidio di Antonio Olivieri, continua a negare la propria colpevolezza, anche di fronte a prove sempre più schiaccianti e numerose.

«Le fascette? Sono le mie, ma non l'ho ucciso io»

Nell'interrogatorio svoltosi ieri  e riassunto anche sul Secolo XIX di quest'oggi Paolo Ginocchio, accusato di essere l'esecutore materiale dell'omicidio di Antonio Olivieri, avvenuto a Sestri Levante lo scorso 23 novembre, ha continuato a professare la propria innocenza. Messo di fronte ai risultati delle perizie scientifiche sulle fascette da elettricista utilizzate per strangolare Olivieri (quando tuttavia l'uomo sarebbe stato già morto in seguito ai colpi alla testa), su cui è risultato presente il DNA di Ginocchio, questi ha ammesso che siano le proprie ma continua a negare di essersi recato in viale Roma quella mattina e di aver ucciso il 50enne ex marito della sua attuale compagna, Gesonita Barbosa, ritenuta mandante del delitto.

Nella sequela di "forse" e "non so", dunque, secondo Ginocchio una figura misteriosa avrebbe guidato la sua auto sino al luogo del delitto (dove è stata ripresa dalle telecamere di sorveglianza), sottratto le fascette e compiuto l'omicidio. Una difesa che appare debole, anche perché gli indizi nei confronti di Ginocchio sono tanti: le succitate riprese e perizie, ma anche i rilevamenti che mostrano il suo cellulare si trovasse in quella zona il giorno prima, che Ginocchio giustifica con il fatto di essere andato a prendere la compagna che era in visita ai figli. Potrebbe essere più complicato invece il quadro accusatorio nei confronti della Barbosa, che potrebbe anch'ella essere a breve nuovamente interrogata, ritenuta mandante del delitto con movente economico, per ereditare i beni del marito da cui era in causa di separazione: nei suoi confronti gli interrogatori dovranno cercare di stabilire il perché si sia ritrovato il DNA della donna sul volante dell'auto di Ginocchio benché lei abbia dichiarato di non poter guidare a causa di una lesione conseguente un incidente. A parte questo, tuttavia, a differenza di Ginocchio non sono ancora trapelate, almeno alla stampa, prove schiaccianti che appaiono inchiodarla senza ombra di dubbio, quella che in aula di tribunale, per giungere ad una condanna, deve essere spazzata via.

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