Ludopatie e gioco d'azzardo: quando le "slot" entrano in casa nostra

Dopo l'omicidio Olivieri le ludopatie ed il gioco d'azzardo sono tornate più che mai sotto i riflettori della cronaca locale levantina: sapevate però che, attraverso i videogiochi, perfetti equivalenti delle slot potrebbero essere entrate anche a casa nostra?

Ludopatie e gioco d'azzardo: quando le "slot" entrano in casa nostra
Pubblicato:
Aggiornato:

Dipendenza dal gioco d'azzardo, non è un problema solo delle sale slot: a nostra insaputa può essere entrato anche nelle nostre case, nelle mani di inconsapevoli ragazzi.

Gioco d'azzardo sotto i riflettori dopo l'omicidio di Antonio Olivieri

Gesonita Barbosa, presunta mandante dell'omicidio dell'ex marito Antonio Olivieri, per ereditare il denaro che le sarebbe servito per placare la sua sete di gioco d'azzardo

Nelle ultime settimane, più che mai nel Levante ligure si è tornato a parlare criticamente delle sale slot, dei videopoker, in generis delle "macchinette mangiasoldi" che sempre più ci circondano, portando il gioco d'azzardo sin nei bar e nelle tabaccherie sotto casa. A rinfocolare la discussione in merito al problema ludopatie è stato l'omicidio a Sestri Levante di Antonio Olivieri: il movente sarebbe stato infatti, secondo gli inquirenti, la compulsiva necessità di denaro dell'ex moglie di Olivieri, Gesonita Barbosa, schiava proprio delle slot.

Che il gioco d'azzardo divenuto così capillare, pervasivo e "quotidiano" sia un problema non lo sappiamo solo da adesso, certo, ed anche i numeri dell'inchiesta sulle ludopatie raccolti da Il Nuovo Levante in edicola da venerdì scorso lo testimoniano. Ma ci sono altre "slot" che ancora ben pochi di noi conoscono, eppure che a nostra insaputa sono entrate nelle nostre case. E l'hanno fatto attraverso un veicolo che mette in pericolo per primi i più giovani: i videogiochi.

Le microtransazioni nei videogiochi: di che si tratta?

Negli ultimi anni i videogiochi hanno visto una rivoluzione nella loro struttura e nel loro marketing: l'avvento della banda larga e con essa di velocità di download sempre più grandi hanno permesso la creazione di videogiochi sempre più "comunitari", multiplayer: non si gioca più da soli ma con centinaia, migliaia di altri giocatori online. Allo stesso tempo la possibilità di scaricare i contenuti multimediali direttamente dalla rete, senza bisogno di recarsi in un "negozio", ha fatto sì che il modello di mercato si sia spostato verso la frammentazione dei contenuti stessi: non esiste più solo il videogioco stesso, ma sempre più espansioni, extra, bonus scaricabili, spesso a pagamento. Questo, soprattutto nel clima competitivo dei videogiochi multiplayer, ha dato vita alle famigerate "microtransazioni".

Il modello delle microtransazioni è nato con i videogiochi free to play, il cui pacchetto principale è gratuito: non si paga un solo euro per scaricare e cominciare a giocare. Come fa dunque chi crea e pubblica il videogioco a guadagnare? Offrendo i più svariati extra a pagamento: questi videogiochi tendono infatti ad essere strutturati di modo che senza acquistare almeno alcune di queste microtransazioni, così definite perché singolarmente di pochi euro a differenza del prezzo intero di un videogioco "classico" che può arrivare attorno ai 60 euro, il giocatore non possa essere competitivo o gli sia virtualmente interdetto raggiungere certi "livelli" più avanzati. Si tratta di un modello che è diventato tipico per i videogiochi su supporto mobile (tablet e telefonini) ma spesso anche su PC. Un modello di successo, che si è lentamente fatto strada anche all'interno dei videogiochi "tradizionali", quelli che chiedono anche il prezzo intero a fronte del primo acquisto.

Si tratta di un modello che ha suscitato molte polemiche fra gli appassionati di videogames, considerato intrinsecamente iniquo, e che tende ad "abbindolare" il cliente dandogli l'illusione della gratuità del prodotto per poi prenderlo all'amo ed invogliarlo a compiere questi piccoli acquisti digitali che sommati possono arrivare a cifre considerevoli. Ma sin qui tutto legittimo (seppur magari ideologicamente deprecabile) e di scarso interesse di cronaca se non proprio per gli appassionati. Discorso diverso quando dalle microtransazioni si è passati, ed il tutto è avvenuto nell'ultimo paio di anni, a qualcosa di ben più pericoloso: il gioco d'azzardo in prodotti di intrattenimento generalista.

Gioco d'azzardo e rischio ludopatie nelle nostre case

Come potrete aver intuito, il "trucco" sta tutto nell'invogliare il più possibile il videogiocatore a cedere alla tentazione e a compiere il maggior numero possibile di questi piccoli acquisti di uno o due euro ciascuno. Vi ricorda qualcosa? Esatto: era solo questione di tempo prima che a qualcuno venisse l'idea di invogliare questi acquisti attraverso il meccanismo della scommessa.

Negli ultimi tempi in sempre più videogiochi queste microtransazioni hanno preso in tutto e per tutto le sembianze di slot machine: il giocatore paga l'equivalente del gettone di una slot machine per ottenere una ricompensa casuale. Sono definiti loot boxes o loot crates: proprio come una slot machine a microtransazione avvenuta avviene una "estrazione" casuale della ricompensa in gioco, naturalmente strutturata per essere di "valore" (pur sempre esclusivamente virtuale, sebbene pagata con soldi verissimi) solo in rari casi. E se ti è andata male la prima volta, la tentazione di riprovare è forte, in fondo che vuoi che sia solo un altro euro o due? Ecco che esattamente come le "infernali macchinette" delle sale slot, il circolo vizioso e patologico si instaura.

Star Wars Battlefront II: il videogioco da cui è scoppiato il caso

Il caso è esploso nello scorso mese a livello globale con l'uscita di un titolo attesissimo da milioni di videogiocatori in tutto il mondo: Star Wars Battlefront II, veicolato ad un pubblico dai 13 anni in su. Si tratta di uno "sparatutto" ambientato nel mondo del celeberrimo Guerre Stellari, dove centinaia di giocatori si sfidano online a colpi delle arcinote pistole e spade laser. Il videogioco è pubblicato dal colosso Electronic Arts, uno dei più grandi publisher di videogiochi al mondo ed anche uno di quelli con la peggior fama per modelli di mercato "predatori", e naturalmente il richiamo dato dai popolarissimi film è ciò che più di tutto ha veicolato le vendite. Al suo interno si è trovato uno dei più clamorosi casi di gioco d'azzardo mascherato da microtransazione. Tanto clamoroso che le reazioni della rete sono state violentissime, il prodotto è finito sotto inchiesta in diverse nazioni e la Electronic Arts è stata costretta in fretta e furia ad, almeno temporaneamente, disabilitare quelle transazioni: probabilmente anche per l'intervento della Disney, che di Guerre Stellari ha acquisito la proprietà intellettuale il cui uso aveva concesso agli sviluppatori del videogioco, e che con un nuovo film in uscita a Natale ed un pubblico di riferimento soprattutto di ragazzi e bambini tutto può desiderare tranne che di essere accostata al gioco d'azzardo e dunque a prodotti che, come minimo, dovrebbero essere riservati ad un pubblico di soli maggiorenni.

Una apposita commissione d'inchiesta in Belgio ha dichiarato il modello gioco d'azzardo: «La commistione di denaro ed assuefazione è gioco d'azzardo - hanno dichiarato i portavoce della commissione - ci vorrà tempo, perché dobbiamo andare in Europa a presentare il problema, ma tenteremo in ogni modo di proibire questo modello nei videogiochi». Come in Belgio simili valutazioni si sono moltiplicate in svariati altri Paesi, dove si valutano misure che vanno dalla proibizione tout court ad, appunto, l'obbligo della maggiore età per l'acquisto.

lootbox1
Foto 1 di 2

Da questa schermata i giocatori di Battlefront possono acquistare i "cristalli", valuta virtuale che viene utilizzata per far girare le "slot"

lootbox2
Foto 2 di 2

I "loot box" da cui il giocatore riceverà ricompense casuali: anche il layout ricorda da vicino le tessere di una slot machine o di un videopoker

Si tratta insomma di un sistema che "preda" proprio sulla mentalità dell'azzardo e la dipendenza che tende a creare. E se ci pare preoccupante avere slot machine nei bar e nelle tabaccherie, quanto ci deve preoccupare poterci ritrovare la stessa trappola in casa nostra, magari e soprattutto nelle mani dei giovani e giovanissimi, ancor più suggestionabili ed indifesi di fronte a simili meccaniche psicologiche, nascoste e mascherate in prodotti innocui che proprio per primi a loro dovrebbero rivolgersi? La proibizione, è storicamente noto, tende a portare ben pochi risultati, ma la consapevolezza e la sensibilizzazione sono indispensabili. Ed è dunque indispensabile sapere che potremmo avere un rischio ludopatie sullo stesso divano di casa nostra.

Seguici sui nostri canali