«La politica alimenta la paura e lo straniero è diventato un nemico»

Dopo i fatti di Macerata (ma non solo) urge una riflessione. Ne abbiamo parlato con il professor Massimo Cappitti

«La politica alimenta la paura e lo straniero è diventato un nemico»
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Italia, un paese impazzito. Quante volte sentiamo dire questa frase, soprattutto quando si verificano fatti come a Macerata, lo scorso sabato 3 febbraio. Quali sono le responsabilità della politica e dell’economia su fatti del genere?

L'analisi di Massimo Cappitti

Lo abbiamo chiesto al professore di storia e filosofia del liceo Marconi Delpino di Chiavari, nonchè esponente del circolo Donato Renna di Sestri Levante, il professore Massimo Cappitti: «La politica e soprattutto certi partiti, con la Lega al primo posto, alimentano la paura. Paura intesa come sentimento diffuso che ha forme di inasprimento delle misure di sicurezza e di controllo che ci fanno sentire meno liberi. L’emergenza quindi, diventa una forma di governo, e la paura uno strumento politico». L’accusa ai partiti nasce dalla costruzione del nemico: «Lo straniero è diventato un nemico privato di qualsiasi diritto. Ma la vera questione in Italia non è solamente politica ma sociale, con diseguaglianze che nel tempo si sono aggravate sempre di più. L’impoverimento è generale e tutto nella nostra vita è stato messo a profitto».

Come ad esempio il caso delle ultime settimane inerenti i braccialetti di Amazon o, come sostiene il professore, a certi contratti di lavoro nei supermercati e non solo: «Qui lo straniero fa lavori umili come l’italiano appartenente al ceto medio e medio basso. E’ essenziale che i sindacati creino un sindacato europeo, se non mondiale, per tutelare tutti i nuovi “proletari” del mondo». E nel contesto generale viene cavalcato un sentimento razzista: «Gli interventi in vista delle elezioni politiche sono eloquenti: basta ascoltare un comizio di Salvini e la sua istigazione alla violenza. Rimettere in discussione, poi, il discorso sulla razza ha sdoganato il peggio. In tutto ciò il cittadino deve avere il coraggio di tornare in strada, rivendicando nuove forme di socialità e solidarietà».

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